Ep. 29 - Esopianeti: Nuove terre e nuove civiltà?

Immaginate di poter puntare un potente telescopio verso il cielo notturno. Mille miliardi di stelle brillano sopra di voi, e attorno a molte di loro orbitano mondi sconosciuti. Alcuni sono giganti gassosi inospitali, altri sono aridi deserti senza atmosfera… ma poi, tra questi, ce ne sono alcuni che sembrano stranamente familiari. Pianeti con acqua, con un clima stabile, forse perfino con un cielo azzurro come il nostro. E se proprio in questo momento, su uno di quei mondi, qualcuno stesse facendo lo stesso esperimento, cercando noi?

Oggi vi porterò in un viaggio straordinario alla scoperta degli esopianeti. Mondi lontani, nascosti tra le stelle, che potrebbero essere la casa di civiltà aliene avanzate. Ma quanto siamo vicini a scoprirli?

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Ep. 29 - Esopianeti: Nuove terre e nuove civiltà?

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Immaginate di poter puntare un potente telescopio verso il cielo notturno. Mille miliardi di stelle brillano sopra di voi, e attorno a molte di loro orbitano mondi sconosciuti. Alcuni sono giganti gassosi inospitali, altri sono aridi deserti senza atmosfera… ma poi, tra questi, ce ne sono alcuni che sembrano stranamente familiari. Pianeti con acqua, con un clima stabile, forse perfino con un cielo azzurro come il nostro. E se proprio in questo momento, su uno di quei mondi, qualcuno stesse facendo lo stesso esperimento, cercando noi?

Ciao a tutti, audaci esploratori dell’ignoto, e benvenuti a questa nuova puntata di “UFO: primo contatto alieno”, il podcast dove parliamo dei misteri legati alle apparizioni degli UFO e dove diamo libero sfogo alle domande che ci portano oltre ciò che conosciamo e oltre il cielo che vediamo. Quelle domande sui fenomeni che non riusciamo ancora a spiegare, ma che neanche possiamo ignorare.

Io sono Roberto Travagliante e oggi vi porterò in un viaggio straordinario alla scoperta degli esopianeti. Mondi lontani, nascosti tra le stelle, che potrebbero essere la casa di civiltà aliene avanzate. Ma quanto siamo vicini a scoprirli?

Fino a qualche decennio fa, i pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare erano soltanto un’ipotesi. Personalmente, ricordo di essere sempre stato fermamente convinto del fatto che vi fossero dei pianeti attorno ad altre stelle, dicevo a me stesso che “non poteva essere diversamente”.

E sono felice di sapere e di poter dire che oggi, grazie ai progressi dell’astronomia, ne conosciamo oltre 5.500. Così come avviene per il nostro Sistema Solare, essi hanno dimensioni, strutture e composizioni differenti. Alcuni di questi mondi sono giganti gassosi inospitali, altri sono pianeti estremamente piccoli e desertici. Ma ve ne sono altri che sembrano molto simili alla Terra, con condizioni che potrebbero permettere la vita.

Il metodo più efficace per scoprire gli esopianeti è il metodo del transito, utilizzato inizialmente dal telescopio spaziale Kepler e, più recentemente, dal TESS (Transiting Exoplanet Survey Satellite). In cosa consiste questo metodo? In pratica, quando un pianeta passa davanti alla sua stella, ne oscura una piccola parte della luce: studiando questa variazione, gli scienziati possono dedurre la grandezza del pianeta, la distanza dalla sua stella e perfino la composizione della sua atmosfera.

Uno dei più grandi traguardi raggiunto degli ultimi anni è stato riuscire ad identificare la cosiddetta “zona abitabile”, vale a dire la fascia intorno alla stella dove l’acqua potrebbe esistere in forma liquida. E qui si concentrano le speranze di trovare vita aliena che, almeno nella forma che noi conosciamo qui sulla Terra, è basata su acqua e carbonio.

Ma perché cercare pianeti nella zona abitabile? Beh, per concentrare la nostra attenzione su quei pianeti che potrebbero essere potenzialmente abitati dagli alieni.

Abbiamo detto che ad oggi conosciamo oltre 5.500 esopianeti. E tra gli esopianeti più interessanti scoperti finora, ve ne sono alcuni che catturano particolarmente la nostra attenzione. Il primo è “Proxima b”, un pianeta che orbita attorno alla stella Proxima Centauri, la stella più vicina a noi, a soli 4,2 anni luce di distanza. È un pianeta roccioso che potrebbe avere acqua allo stato liquido in superficie.

Oltre a Proxima b, vi è un intero sistema composto da quattro esopianeti TRAPPIST-1d, e, f, g. Si tratta di 4 esopianeti situati nella zona abitabile della stella TRAPPIST-1, una nana rossa scoperta dal telescopio spaziale Kepler pochi anni fa, nel 2016, e distante 40 anni luce dalla Terra. Alcuni di questi esopianeti potrebbero avere persino oceani di acqua posti sulla superficie.

Ancora, un altro esopianeta estremamente interessante è Kepler-442b, un pianeta grande quasi quanto la Terra, situato nella zona abitabile della sua stella, Kepler-442, tuttavia molto più lontano. Infatti parliamo di un pianeta distante circa 1115 anni luce dalla Terra.

Tuttavia, quando diciamo che un pianeta si trova in una zona abitabile, non significa necessariamente che esso sia abitato. Infatti, l’abitabilità è un’ipotesi formulata su una serie di fattori, come la distanza dalla stella, la tipologia della stella stessa, lo studio probabilistico sulla composizione atmosferica del pianeta, e così via.

Ecco perché la ricerca della vita non si ferma alla scoperta di mondi simili alla Terra, ma va oltre.

Più precisamente, dobbiamo dire che quando pensiamo alla vita su altri pianeti, la immaginiamo spesso come qualcosa di simile a ciò che conosciamo sulla Terra: organismi che respirano ossigeno, che bevono acqua e che vivono in un clima temperato. Ma la scienza ci sta mostrando che la vita potrebbe esistere in forme molto diverse da quelle terrestri, anche in ambienti apparentemente ostili alla nostra specie. E, in quest’ottica, anche una differenza di temperatura di pochi gradi può cambiare radicalmente le condizioni di abitabilità, come pure, può dar luogo allo sviluppo di forme di vita estremamente differenti dalla nostra.

Per questo motivo gli scienziati, soprattutto negli ultimi anni, per capire dove cercare, osservano e studiano i cosiddetti estremofili, vale a dire organismi di origine terrestre in grado di sopravvivere in condizioni proibitive. Esistono batteri che prosperano nelle profondità oceaniche vicino a bocche idrotermali, dove la temperatura supera i 400°C. Come pure, esistono microrganismi in grado di resistere a radiazioni letali, capaci di vivere nel ghiaccio dell’Antartide, oppure di nutrirsi di sostanze tossiche come lo zolfo. Quindi, se la vita può adattarsi a condizioni così estreme qui sulla Terra, perché non potrebbe farlo su altri mondi?

Quindi, la ricerca della vita non si limita solo agli esopianeti posti nella zona abitabile. In questo momento stiamo cercando la vita ovunque, anche all’interno del nostro Sistema Solare. Ad esempio, nelle lune di Giove e di Saturno, come Europa e Titano, gli scienziati hanno rilevato la presenza di enormi oceani sotterranei situati sotto spessi strati di ghiaccio, forse mantenuti liquidi dal calore generato dalle forze di marea esercitate dai rispettivi pianeti.

Tuttavia, sapere che un esopianeta si trova in una zona potenzialmente abitabile, permette di concentrare le attenzioni stabilendo una serie di priorità nella ricerca, magari decidendo di ascoltare eventuali segnali radio provenienti da una specifica direzione. piuttosto che da un’altra.

Nell’episodio n. 21 abbiamo parlato del progetto SETI (il Search for Extraterrestrial Intelligence), sviluppato con l’intento di ascoltare i segnali radio provenienti dallo spazio. E abbiamo anche detto che, fino ad oggi, nessun segnale certo è stato rilevato, anche se ci sono stati casi controversi, come il famoso “segnale WOW!” captato nel 1977.

Ma se l’ascolto dei segnali radio viene concentrato in direzione di uno a più esopianeti, certamente le probabilità di captare quel segnale che potrebbe risolvere il nostro enigma cosmico più grande, ovvero “se siamo soli in questo universo”, sarebbero maggiori.

Ecco perché gli esopianeti sono importanti.

Comunque, l’esplorazione degli esopianeti è soltanto agli inizi. E nuove importanti scoperte potrebbero arrivare dallo sviluppo ambizioso del Large Ultraviolet Optical Infrared Surveyor, per gli amici “LUVOIR” (luvuar), un telescopio spaziale a lunghezza d’onda multipla in corso di sviluppo da parte della NASA, che potrebbe vedere la luce nel 2039, quindi tra 14 anni e che potrebbe essere in grado di identificare firme biologiche nelle atmosfere di esopianeti lontani.

E poi c’è il progetto Breakthrough Starshot, che mira a inviare minuscole sonde spaziali fino a raggiungere l’esopianeta Proxima b, viaggiando a circa il 20% della velocità della luce. In pratica, un viaggio di 20 anni per raggiungere il sistema più vicino a noi.

Siamo quindi all’alba di una nuova era spaziale, e la scoperta di una vita aliena potrebbe essere molto più vicina di quanto immaginiamo.

Io sono Roberto Travagliante e vi invito a iscrivervi al podcast “UFO: primo contatto alieno”, per non perdere i prossimi episodi e a condividere le vostre storie e domande sui canali social o tramite e-mail. In descrizione, ove possibile, troverete il link al sito e ai social, per reperire il materiale collegato (immagini, video e quant’altro), in modo da poter analizzare voi stessi i fatti.

Forse la risposta alla domanda “siamo soli nell’universo?” è già alla nostra portata e potrebbe arrivare da un momento all’altro.

Ci ritroviamo presto, al prossimo episodio.

Roberto Travagliante